sabato 19 novembre 2016

LE TASCHE DI ZIA TITINA

Nelle tasche di zia Titina ci potevi trovare il mare, 
una conchiglia raccolta in riva alla battigia, come un tesoro inaspettato.
Penne, un notes per appuntar pensieri,
che veloci correvano su e giù per la sua testa.
Due o tre fazzolettini, chiavi d'ogni forma e colore, ad aprir chissà che porte e porticati...
Note segnate su biglietti da visita ormai scoloriti, usati a fissar spunti e ispirazioni.
Frasi ascoltate, attimi di poesia rubati al quotidiano.

Nelle tasche di zia Titina ci potevi trovar te stessa,
nascosta in una foto d’altri tempi, piegata in una scatolina.
Salviettine al gelsomino, profumo di casa.
“Il Piccolo Principe” in edizione tascabile, caso mai avesse perso la strada.
E tanta, tanta fantasia, immensa come il mare.

E voi, cosa tenete nelle vostre tasche ?

sabato 11 giugno 2016

I FIGLI DEGLI ALTRI

...E poi li guardi crescere,
i figli degli altri.
I figli dei tuoi amici, i compagni di scuola di tuo figlio, i suoi compagni di squadra.
E pian piano il loro sorriso diventa anche il tuo. E se si fanno male ti preoccupi per loro.
E se qualcuno è bocciato, ti dispiace.


 E ogni anno li vedi cambiare, magari han cambiato gruppo o classe , magari non frequentano più tuo figlio, ma quando li osservi, ometti e signorine già fatti, li vedi ridere, li vedi cambiare e aprirsi alla vita, ti si stringe il cuore, ti emozioni.


 E pensi alle altre mamme, per cui tuo figlio è stato il figlio degli altri.
E mentalmente le ringrazi per esser state parte della vita del tuo.


10/06/2016

UN GIORNO, PER CASO, METTI UN PAPÀ, UN BAMBINO E UNA LEZIONE UNIVERSALE


 ... e poi vai al supermercato, e ti commuovi fino alle lacrime, davanti a un padre che parla al suo bambino di due anni, e con una naturalezza e una gioia mai viste, gli insegna a trattare "l'altro" come fosse se stesso. A prescindere da sesso, razza, e numero di cromosomi. "Vedi, Andrea?- gli dice sorridendo il padre- lei è Rosa. Saluta Rosa, fà ciao con la manina."
Il bimbo ride, e Rosa ride felice e abbraccia il bambino. "Hai fame, Andrea ?" domanda Rosa- lo vuoi un biscottino?"
E il padre spiega : "È piccolo Andrea e non può mangiarlo quello, la sua mamma gli compra quello per lui, senza lattosio."
"Allora forse ha sete !" risponde pensierosa Rosa. "Andrea, che dici, hai sete ?", chiede il papà al bambino. Andrea fa cenno di sì con la testolina, ride di nuovo, e papà prende la bottiglietta e la porge a Rosa: "Tieni, dagli da bere."
Un sorriso splendente illumina il viso di Rosa, e con amore e delicatezza senza pari, aiuta Andrea a bere, che sorride ancora, e ancora.
Son passati dieci minuti, finalmente il turno di essere serviti dal salumiere è arrivato, mamma e papà chiamano : "Rosa, saluta, è tempo di andare !"
Rosa saluta, battendo le manine, e prima di andare porge un ultimo tenero bacio ad Andrea, che le ride ancora.
Io, in fila dal salumiere che assisto alla scena, la guardo andar via, e mi commuovo, fino a non riuscir a trattenere qualche lacrima.
Rosa è una ragazza down. Ma nessuno in questa storia se ne è accorto.
Non il papà, che ha insegnato al figlio la più grande delle lezioni: che siamo tutti uguali. E non esiste paura, nè indifferenza, nè pietismo, nè ipocrisia, nè finta gentilezza. Esiste la condivisione della parte migliore della nostra umanità.
Nè se n'è accorto Andrea, che in quegli occhioni azzurri riflette tutta la felicità del mondo, perché la vita, per lui, per fortuna è ancora un gioco, e con un papà così impari che dobbiamo giocare tutti sullo stesso piano. E gli altri vanno visti come risorse, non come metri di paragone per prevaricare o affermare che noi siamo più bravi.
Non me ne sono accorta io, che in tanti anni mai avevo visto un modo tanto naturale e delicato di superare le diversità.
Ho ringraziato il papà di quel che oggi m'ha insegnato, e di ciò che insegna ogni giorno a suo figlio. Lui mi ha guardato meravigliato : non ho fatto nulla di particolare- ha detto.
No invece, ho risposto, il tuo modo di mostrare il mondo a tuo figlio è tutt'altro che scontato.
La civiltà si impara dai piccoli gesti, e se ognuno di noi ne facesse uno, forse il mondo sarebbe migliore.

Buona serata gente !
Affettuosamente vostra,
Donna Iacinta

giovedì 17 settembre 2015

Come dentro un film

 
 
Avete mai pensato di essere dentro un film ?
Io lo faccio continuamente, come se mi vedessi dall'esterno mentre una voce narrante racconta la mia storia. No, tranquilli, nessuna esperienza extrasensoriale :) .
Forse solo il tentativo della mia fantasia di darmi modo di elaborare fatti e avvenimenti, consentendomi di riavvolgere i fotogrammi ogni qualvolta ho bisogno di rivedere qualcosa che non capisco o mi lascia perplessa. Perchè capita, a voi no ?
E mentre cammino con Dafne per strada, o sono alla Posta, oppure accompagno mio figlio al parco, ovunque insomma, la cinepresa della mia memoria... Ciack ! cattura sensazioni, emozioni, scene di vita vissute, che già da sole valgono come piccoli tesori, e li mette da parte per usarle come camei nel prossimo film.
Immaginate con me : il fischio del vento tra le orecchie. La luce tenue e rosata del tramonto che fa capolino tra nubi che sembrano fatte da ciuffi di lana di pecora accostati l'un vicino all'altro, o, per i miei amici freddofili, da palline di gelato alla crema.
Il pianto di un neonato alla finestra, due anziani che si tengono per mano in riva al mare ...
La vita è piena di particolari che meritano di essere raccontati, che si tratti del nostro, di film, o di quello degli altri.
E non importa se narriamo le avventure di un esploratore, di un presidente o di uno scalatore. Perchè la vita stessa è un'avventura.
E ogni momento può essere vissuto con lo spirito di un bambino che scopre incantato per la prima volta la sensazione della sabbia che gli scorre tra le dita (non dimenticherò mai l'espressione di mio figlio quando accadde), o vivere tutto in modo razionale e scontato, sta a noi deciderlo.

Buona notte !



mercoledì 8 luglio 2015

LA VERA STORIA DELL'AURORA BOREALE

Dicono che l'Amore si manifesti in forme inaspettate... che quando meno te lo immagini, lascia intorno a te, tracce così profonde da testimoniare la perfezione della Natura.

Si chiamava Aurora, ed era nata una notte d'inverno sotto le stelle, mentre un vento impetuoso piegava le fronde dei pini a Est della Terra dei salici erranti, oltre gli arcobaleni multiforme.
E quando finalmente la piccola fata con un vagito ebbe respirato il suo primo soffio di vita qui sulla Terra, le stelle di Orione salutaron la nascitura, brillando in una danza intermittente come in una lingua universale, e all'altro capo del cielo, Giove fece uguale. 
Poi, d'improvviso, accadde una cosa strana : fu come se il tempo si fosse fermato, e le forze della Natura si piegassero ad una forza superiore.
"Questa bimba è speciale ! " - sentenziò commossa e un pò preoccupata la Fata Madrina, che era accorsa a rendere omaggio alla nuova nata .
"Occorrerà guidarla, affinchè riesca a gestire questa sua forza, senza farsi male ."
Ma il concetto di "guida" non apparteneva alla fanciulla, che crebbe testarda e solitaria, disperazione delle Fate più anziane.
Sin da piccola iniziò a parlare col vento, che la sollevava e la faceva volare attraverso il prato delle rose della memoria, su, fino alla Collina senza tempo, dove cielo e terra si fondevano per diventare tutt'uno per formare un nuovo orizzonte.
E anche la luce sembrava obbedirle, passando veloce dall'alba al tramonto, in un'atmosfera surreale.

Passarono gli anni, e fu il tempo dell'età di mezzo, il momento in cui l'infanzia lascia il posto all'età adulta.
Il rituale delle fate prevede che la giovinetta debba mostrare di saper gestire i propri poteri, e per imparare a farlo meglio, fu deciso che la fatina dovesse compiere un viaggio. Per bagaglio le furon dati la sola empatia e un paio di occhiali da sole, e la fatina iniziò la sua nuova avventura.
Gli occhiali, lo san tutti a cosa servon davvero, lo sanno anche i bambini : a poter pianger ovunque senza problemi, ogni volta che ci si sente perduti, ed il respiro del vento si è fermato.
Quanto all'empatia.... era prodigioso vedere come, la bimba, riuscisse a comunicare con ogni essere vivente, scorgendone in sè la parte più profonda e vera. Ed ogni creatura che la incontrava, rimaneva talmente colpito dalla luce serena che il volto della fata emanava, da avvertire in sè un cambiamento interiore, come se fosse stato sfiorato da un angelo rivestito di luce.
U
n mattino, percorrendo la Valle dei ranuncoli solitari, che, più a Ovest, conduceva alla Montagna dal Picco Inesplorato (nome provvisorio, si sa, perchè sarebbe potuto arrivare, da un istante all'altro, un esploratore coraggioso a rivendicare un primato inaspettato), la fatina avvertì di essere osservata.
All'inizio non capì chi, o cosa, la stesse guardando. Continuò allora a camminare con fare tranquillo, fino a che, di botto, si girò indietro, e fu allora che lo vide : un folletto che con aria sorniona e birichina, la osservava nascosto dietro un cespuglio di more selvatiche, sparse qua e là.La Natura era il suo regno, te ne accorgevi dal modo che aveva di passar veloce da un cespuglio all'altro, lasciando dietro sè odor d'erba bagnata, come di terra dopo un temporale. - HEY TU ! - chiamò la fatina.
Ma il folletto si dileguò seduta stante. Non prima di aver lanciato in sua direzione, una cesta colma di mela-fràgola croccante. E d'aver omaggiato la bambina, con una boccaccia tale che vento e luce, aizzati dalla fatina arrabbiata, scatenaron un temporale tale che, per un attimo, sembrò che la Valle fosse un mare in tempesta.

Altre volte Aurora lo incrociò sul suo cammino : ad esempio a Città del senso perduto, o sul Lago dell'amore ritrovato.E ogni volta, il folletto con aria insolente la prendeva a boccacce, e poi le faceva trovar provviste e cibi celestiali. Tanto che una volta, per la rabbia, Aurora si sfilò dal naso gli Occhiali del Pianto Al Sicuro, e mentre glieli lanciava, però, si accorse che qualcosa non tornava :
riflessa nell'acqua del lago di diamanti, v'era la figura del folletto insolente, ma....che strano ! Sembrava più grande, assomigliava a un ragazzo incontrato in un giorno lontano.
Fu così che la fatina si sovvenne, d'aver conosciuto quel fanciullo nei suoi sogni. Provò a chiamarlo, ma la figura scomparve d'improvviso.
Allora, disperata, la fatina capì che non aveva riconosciuto il vero amore.
Il suo cuore cominciò a battere al suono di mille tamburi.
Le sue gambe tremarono, e un nodo allo stomaco le aggrovigliò le viscere. Lampi di luce accecarono il cielo, mentre un vento violento sembrò portar via le stelle. Persino il tempo si fermò, e intenerito, il cielo come un manto coprì le spalle della ragazza che aveva perso il suo primo amore.
Fu straziante e tale, il modo in cui la fatina diede sfogo al suo dolore, che, mentre la bimba, piegata sulle ginocchia, singhiozzava chiamando colui che amava, persino Madre Terra s'intenerì, e quando una lacrima giunse alfine a toccare il suolo.... MERAVIGLIA !
Un'esplosione di colori inondò il cielo, come se fosse stato invaso da energia pura.
E lo spettacolo fu visto fino al regno delle Fate.
"Cos'è questa ? " domandò la Fata Madrina alla Regina.
"Si chiama Aurora"- rispose la Regina - "Ed è il modo in cui il Cielo ricorda agli uomini la magia dell'Amore Vero."

Quindi, la prossima volta che guardate un'Aurora Boreale, osservatela bene : in essa potreste riconoscere l'energia di un amore che nasce e muore, e nel farlo, lascia dietro di sè tracce che illuminano il mondo intero.
Buonanotte.....

"space-station-above-aurora-borealis Scattata from Iss dall'exp 32"


Aurora from Iss
Credits : Nasa

lunedì 29 giugno 2015

Mormorando ad una valigia

Non sono mai stata brava a fare le valigie.

 Sono le 4 di notte e stiro. Magliette, e pantaloni. E pantaloncini. E canotte.
Per il fetente, che domani partirà per 4 giorni. E di tutte queste magliette, e pantaloni, ed annessi, e connessi, è già tanto se se ne cambierà un centesimo, mutande e calzini compresi (perché, quelli pure si cambiano ogni giorno ? mi ha chiesto una volta).


 Non sono mai stata brava a fare le valigie.
Sono le 4 e un quarto di notte e già mi manca già il fetente.
Anche se starà lontano solo per 4 giorni.
Anche se io e lui passiamo il 99,9999999 per cento del nostro tempo ad accapigliarci per ogni cosa.
Anche se ci sono volte che riesce a farmi star male perché mi fa sentire invisibile con la sua presunzione e testardaggine.


 Non sono mai stata brava a far le valigie.
Cerco sempre tutte le occasioni possibili per farlo stare insieme ai suoi coetanei, e renderlo indipendente e felice.
Quindi adesso ritornerò a stirare, consapevole che è tutto inutile, ed userà un milionesimo di quel che gli dò,
E magari metterà la t-shirt smanicata con 12 gradi fuori, e sentirà freddo.
Ma sopravviverà uguale, ed è inutile che sto 3 ore a spiegargli come gli ho disposto le cose.
Perché, si sa, io non sono mai stata brava a far le valigie.


 Ma quello è il mio bambino, ed io lo amo più di ogni altra cosa al mondo.
Ed un giorno mi perdonerà di non esser brava a far le valigie.

venerdì 1 maggio 2015

Negli occhi di Lucia...

Non bisognerebbe mai aver paura di guardare una persona negli occhi.
Perchè lo sguardo è la finestra sul mondo interiore di ognuno di noi, il filtro attraverso il quale desideri ed emozioni si palesano al di là di linguaggio e razionalità.
Aveva vent'anni, e il mondo tra le mani. Lunghi ricci biondi come la sabbia riflessa dal sole, e due occhi color del cielo d'agosto, prima della tempesta di fine estate.
Occhi che avevano amato albe e tramonti, in solitudini a lungo cercate, alla ricerca disperata di quel che senso pareva non averne.
Occhi che avevano lavorato instancabili, cucendo e componendo patchwork , che sarebbero poi divenuti coperte, ed arazzi, borse e teli d'arredamento, ognuno un unicum, ognuno un frammento di un sogno, ognuno un'interpretazione di una storia.
Come la vita, in cui siamo tutti attori, e ricopriamo diverse parti che interagiscono tra loro, a seconda della prospettiva di chi guarda verso una data direzione.
 
Aveva vent'anni e spalle stanche di chi molto aveva osato. Mani lunghe e affusolate, piedini scarni a far da base a un corpo prosperoso che si ribellava alla vita assumendo forme che ella detestava. 
In fondo si odiava. Ma non aveva tempo nè voglia di assecondar queste emozioni.
Viveva cogliendo l'attimo, e la feroce malinconia che mai l'abbandonava, si rifletteva nel suo sguardo e nei suoi occhi che, ostinati, non smettevano mai di coglier particolari di ciò che aveva intorno, alla ricerca spasmodica di quel qualcosa che le desse il senso del "vale la pena".
Aveva vent'anni, e una voglia di vivere disperata e struggente come l'amarezza di chi non era stata amata, ma nella vita tutto aveva dovuto "rubare".
E gli occhi dolci di un passerotto che, per tutta la vita, delle briciole si era dovuto nutrire.
 
Negli occhi di Lucia si confondevano cielo e mare, come quando, al tramonto, l'orizzonte si fonde con la Terra, e il sole colora le nuvole di sfumature cangianti tra il rosa e l'arancio, e l'aria sembra scoppiare di un energia magica, portatrice di vita.
 
E quando ella osservava la campagna in cui amava passeggiare, silenziosi, tra i cespugli, personaggi di storie fantastiche sembravano spuntare, e tenerle compagnia mentre, veloce, in punta d'ago scolpiva i suoi racconti ricamati.
Ma era quando la fanciulla era felice, che i suoi occhi cominciavano a brillare : allora, in quei momenti, era come se la luce lontana delle stelle avesse portato a chi la osservava, tracce di mondi lontani.
Ed a guardarla in quegli attimi si sarebbe rischiato di perdersi, tanta era la gioia ed il senso di meraviglia, ed estatica contemplazione che ella provava.
Aveva vent'anni, e il mondo davanti, e una fiducia tenera e quasi ingenua, che un giorno avrebbe sfiorato l'arcobaleno, e i suoi occhi cercavano di coglier i tocchi di colore che la poesia di un pittore invisibile aveva impresso qua e là nella realtà.
 
Negli occhi di Lucia avresti potuto incontrare una fata, o un cavaliere errante, o un bimbo che piange, o una stella che muore. Tanti mondi quante le strade silenziose che la sua anima prendeva quando iniziava a volare. Ma una sola strada maestra : l'empatia con le altre forme di vita che popolavano la sua umanità.
Respirò a fondo, e mentre un vento dispettoso le scompigliava i capelli color della sabbia riflessa dal sole, distolse lo sguardo dal cielo e, inaspettato, ne incontrò un altro, carico di promesse di primavera.
Ancora una volta, il vento tiepido accarezzò l'aria, e le foglie degli alberi, liberando i pollini che, come un velo da sposa, si sparsero in una corrente di polvere magica.
Rise forte Lucia, e mentre i suoi occhi brillavano di speranza ritrovata, danzò col vento, pensando che, per una volta, avrebbe vissuto non per ieri, non per l'oggi, ma per il domani.
 
Valeria