domenica 12 gennaio 2014

L'uomo qualunque



Gaia aveva sempre desiderato un fratello.
Sin dai primi ricordi di bambina,
il desiderio di avere accanto a sé una presenza tenera,
forte e rassicurante,
l'aveva accompagnata.
Un fratello con cui scherzare e da prendere in giro.
Il fratello che l'avrebbe protetta e consolata nelle delusioni.
Il fratello che avrebbe gioito con lei dei successi raggiunti,
e che le avrebbe ricordato le altre mete possibili lungo il suo cammino.
 
Forse era per questo che per tutta la sua vita
aveva cercato questa figura nei suoi amici,
chè a volte un'assenza può essere più concreta e materiale di una presenza.
Si era persa,
quell'estate , e si era ritrovata,
ed in quel percorso si era girata intorno,
e non si era scoperta sola.
 
Fu così che in una notte d'inverno lo sognò
:
l'uomo qualunque.
 
Un ragazzo,
appena uomo,
con lo spirito di un elfo,
ma con le mani raggrinzite dalla fatica.
Non gliele aveva mai guardate le mani,
ma era sicura fossero grandi e forti,
perché in alcuni casi avevano sostenuto tutta la sofferenza del mondo.
 
Sognò l'anima dell'uomo vagare per cielo e terra,
cercando di carpirne lo spirito in sfumature lievi
e in chiaroscuri
che soddisfavano la sua sete di infinito
come gocce di rugiada in una calda mattina d'estate.
 
Lo vide affrontare col sorriso le sfide,
e trasmettere quel sorriso a chi gli stava accanto,
nella convinzione che il domani sarebbe stato un giorno migliore.
E trovare la poesia
in attimi di vita sospesi nel tempo
e scanditi da emozioni pure come il cuore di un bambino.
 
Era un uomo semplice,
l'uomo qualunque.
Un padre,
marito e figlio.
Uno di quegli uomini che ti illumina la giornata
con la calma pacatezza dei giusti,
di chi silenzioso svolge il proprio dovere,
e non si lamenta mai.
O se lo fa riesce a farlo con tale ironia,
che alla fine ti trovi a sorriderne fino alle lacrime,
e capisci che in fondo tutto è relativo.

L'alba faceva capolino dalle finestre,
Gaia aprì gli occhi,
vide le sfumature violacee del cielo e sorrise,
ripensando a come l'aveva conosciuto quel timido amico.
E alle notti insonni passate con altri amici,
Di notte leoni,
di giorno.....
 
Poi,
accendendo il cellulare per capire che ora fosse,
si ritrovò innanzi i messaggi di auguri appena ricevuti per il compleanno.
Si commosse fino alle lacrime,
pensando che lei aveva avuto la fortuna di conoscerne tanti,
di uomini così.
Si raggomitolò nel piumone,
sentendo il cuore riscaldato dalla consapevolezza
che era grazie a questi fratelli ritrovati
che la vita le aveva regalato,
che il suo spirito era riuscito finalmente ad essere libero di volare,
e lei non aveva avuto più paura.
 
Agli uomini qualunque della mia vita,
punti saldi nel mio cammino.
Grazie di esserci.
 
 

sabato 4 gennaio 2014

Donne di Sicilia

 

L'aquila sorvolò l'isola e si librò nell'aria osservandone le coste aspre e indomite.
Quanti assalti avevano subito nel tempo, da popoli che l'avevano colonizzata, e a volte saccheggiata !
Ma altre volte l'avevano arricchita, regalandole la mescolanza di civiltà che avrebbero forgiato la gente di Sicilia.
Il mio popolo, il mio sangue.
Inscindibile dalla mia identità.
Presente in ogni gesto, in ogni espressione verbale e mentale.
 
Un popolo predisposto all'accoglienza, alla creatività, che aveva da sempre lottato per sopravvivere, e che per questo aveva fatto della propria fiera discendenza la propria bandiera.
L'aquila volò, percorrendo la sua terra in lungo e in largo, per coglierne l'anima.
Lambì il mare crespo e roccioso del ragusano, sfiorò in una carezza le insenature della riserva dello Zingaro, cariche di cicatrici dei fuochi appiccati da poco.
Come le cicatrici delle donne di Sicilia.
Abituate da secoli a veder migrare figli, mariti, fratelli e padri, alla ricerca di una vita migliore.
Ma forti, passionali, determinate a lottare come leonesse per sè e la propria progenie.
Calava il tramonto, e in lontananza, gli zampilli dell'eruzione dell'Etna coloravano il cielo di un fumo denso e rossastro, illuminando l'aere con bagliori che rimandavano ad immagini ancestrali.
I boati si spandevano nell'aria, e come in un sacro rituale, l'Isola parlava ai suoi abitanti.
 
L'aquila spiegò le sue lunghe ali, e posatasi sullo scoglio più estremo dello Stretto, andò ad accogliere vecchi e nuovi viaggiatori.

A mia madre


Fotografia di Luca Parmitano,
Credits ESA/NASA